| TAGGIA
Da Arma si sale, percorrendo per tre chilometri la strada statale 548, a TAGGIA, uno dei più antichi ed illustri centri della Riviera di Ponente. Ricca di storia e di tradizioni popolari, Taggia presenta una caratteristica struttura medioevale, con torri e mura, e vanta numerose opere d’arte conservate nelle sue chiese. Tutta costruita in verticale, con ripide scalinate e brusche variazioni di livello che creano suggestivi scorci, presenta ben tre tipi di mura, e nel suo cuore si giunge varcando la Porta dell’Orso. Questa località dà il nome alla più celebre varietà di oliva ligure, la “taggiasca”, poiché la tradizione vuole che i monaci benedettini abbiano qui introdotto, nel lontano XII secolo, la coltura dell’olivo. Risalire lungo il percorso dei torrenti partendo dalle località della costa è forse il modo migliore di procedere alla scoperta dell’entroterra ligure. La Valle Argentina non fa eccezioni e offre infatti a chi voglia addentrarvisi in cerca natura e storia, colori e sapori caratteristici. STORIA E MONUMENTI Il suo nome deriva dalla romana Tabia che sorgeva in riva al mare. Taggia, fin dai primi secoli della sua fondazione, forse altomedioevale (si parla del 641, dopo l’invasione dei Rotari), ebbe una posizione di prestigio e di potere, come testimoniano testimoniano le tre cerchie concentriche di mura che furono edificate in epoche diverse a sua difesa e i numerosi palazzi civili e religiosi di gran pregio architettonico. Taggia fu legata, in epoca medievale, al comune di Albenga. In seguito, fu dei Clavesana e, dal 1228, di Genova. Una curiosità a proposito dello stemma cittadino. Taggia, con Bussana Riva ed Arma divennero un unico Comune nella prima metà del XIV secolo. Il primo stemma comunale era una croce rossa in campo oro con le lettere T.A.B.J.A. (Te Altissimus Benedictum Jesum Adoremus, ovvero “Ti adoriamo, Gesù altissimo e benedetto”). Nel 1600 la scritta divenne Senatus Populosque Tabiensi (ovvero Senato e Popolo Tabiense, abbreviato in SPQT); nel 1954 fu riadottata la vecchia sigla. Attorno ad un castello (oggi in rovina) si addensò il nucleo originario del borgo, che in seguito si sviluppò verso valle. La zona più antica è la più densa dal punto di vista urbanistico, attraversata dai tipici vicoli-scalinate della tradizione ligure. Questa parte del paese era circondata dalla prima cerchia di mura, mentre il secondo perimetro fortificato, sempre di epoca medioevale, fu edificato poco più in basso, con quattro porte (una in più rispetto alla prima cerchia). Le vie sono lastricate in ciottoli e qui si possono ammirare la fontana di Santa Teresa, il palazzo del Clavesana, con le sue caratteristiche torri decapitate, e la chiesa di Santa Lucia, fuori le mura.La terza cerchia di mura, la più bassa, venne edificata tra il 1540 e il 1564 per abbracciare l’intera Taggia, sviluppatasi fino a raggiungere la valle dove scorre il torrente Argentina. All’interno di questo terzo perimetro troviamo le strade e gli edifici di maggior valore monumentale: soprattutto la via S. Dalmazzo e la via Soleri, sulla quale si affacciano il palazzo Curlo, con porticato ad arcate gotiche, e il palazzo Asdente-Carrega. Altri palazzi degni di nota sono i barocchi Lercari (1676) e Curlo-Spinola (1636), decorati con stucchi su disegno attribuito al Bernini.Suggestiva è anche la triangolare piazzetta Gastaldi, porticata, ricostruita nel 1600, e il palazzo Anfossi-Imperiale. Portali in pietra nera scolpita, insegne patrizie, portici, la tabella con le vecchie misure genovesi in canne e palmi, appaiono al visitatore che passeggi per i caruggi. Tra i luoghi di culto, meritano una visita la Chiesa di San Domenico, splendida costruzione gotica eretta nel XV secolo, nella quale sono conservati tra l’altro un drammatico crocifisso in legno ed alcuni mirabili dipinti di Lodovico Brea. Attiguo alla chiesa è l’imponente convento dei padri domenicani (1490), dove si conserva oggi una delle più importanti pinacoteche dei Ponente Ligure, con affreschi e dipinti tra cui le opere di Ludovico, Antonio e Francesco Brea, Giovanni Canavesio, Emanuele Maccari, Perin del Vaga. Il convento, che nei secoli XV e XVI fu importante centro di cultura, ha un chiostro del XV secolo su colonne in pietra nera. Vi sono poi la romanica e pittoresca chiesa della Madonna del Canneto (sec. XI), con un magnifico campanile; lì accanto sorge la Villa Ruffini dove morì, nel 1881, il celebre scrittore Giovanni Ruffini, autore del romanzo " Il dottor Antonio"; la chiesa dei Santi Sebastiano e Fabiano, del XV sec., nella quale si trova un crocifisso considerato miracoloso; la chiesa dei Santi Giacomo e Filippo, dalla facciata barocca, dove si conserva la statua della “Vergine Miracolosa”, che, si dice, è stata vista due volte muovere gli occhi. TRADIZIONI La festa "de Santa Maria Madarena du boscu", che si svolge a Taggia in luglio, ha profonde radici che vanno oltre la già antica tradizione cristiana: la festa è nominata negli statuti di Taggia, i quali sancivano l'abolizione del dazio sui vini per il giorno della ricorrenza, già nel 1381. Nel luglio del 1716, con atto del notaio Gio Valentino Anfossi, nasce la Confraternita dei Maddalenanti, il cui scopo era simile a quello delle altre confraternite: sopperire, attraverso attività caritatevoli, alle carenze dell’organizzazione sociale. Tuttavia il compito della Confraternita si esprimeva anche in momenti di forte aggregazione, quali la celebrazione di ricorrenze religiose, soprattutto la celebrazione delle feste patronali. Per i Maddalenanti la ricorrenza della Maddalena rappresenta il momento più significativo dell’anno. Salutati da uno scoppio di mortaretti, i Maddalenanti partono da Taggia, a piedi o a dorso di mulo, alla volta dell’eremo di Santa Maria Maddalena del Bosco, sorto nei pressi di una grotta dove – come vuole la tradizione – pare si fosse rifugiata in tempi remoti Santa Maria Maddalena per far penitenza dei suoi peccati giovanili (da qui deriva il modo di dire locale usato per indicare i trascorsi non precisamente esemplari di qualcuno: “Ha fatto anche lui (o lei) le sue maddalenate”). Il cammino dura circa tre ore. La sera e la notte trascorrono fra banchetti e scherzi: la mattina successiva sono eletti il Contestabile e la Contestabile (che restano in carica un anno), i quali vengono, tra l'allegria generale, “incensati" con un ramoscello di lavanda. Successivamente, si procede al "bacio della reliquia" costituita da un grosso coperchio color nerofumo. Dopo questi riti “laici” si svolgono le celebrazioni religiose e, nel pomeriggio, il "Ballo della Morte", documento di estremo interesse etno-antropologico. Due uomini ne sono i protagonisti: uno è detto "o masciu", l'altro raffigura la "Lena". La pantomima inizia con suoni e canti d'allegria in cui si mimano scene d'amore e di felicità: subito dopo la "Lena" muore. Disperato, il "masciu", nel tentativo di ridarle vita, la ricopre di lavanda. La "Lena" risorge e sulle note del canto funebre, con diverso ritmo, si celebra la resurrezione. E’ un rito che richiama alla mente remotissimi significati, legati all’alternanza delle stagioni e al potere delle piante. Altra importante festa che si svolge a Taggia è quella di San Benedetto. Correva l’anno 1625 e i Savoia, in guerra contro Genova, minacciano la città. Il 26 aprile il Parlamento cittadino, decide di ricorrere all’aiuto divino e, con tanto di delibera ufficiale, viene fatto solenne e sacro voto a San Benedetto perché interceda a preservare Taggia dagli orrori del conflitto. In onore al santo, sarà eretto a spese pubbliche un oratorio e ogni anno, la seconda domenica di febbraio, sarà celebrata una festa di ringraziamento. Il 20 agosto, l’esercito savoiardi si ritira sconfitto e da allora, ogni anno, il voto è stato rispettato. La festa religiosa divenne poi anche occasione di rievocazione storica, ed oggi i festeggiamenti tabiesi in onore di San Benedetto costituiscono una delle manifestazioni più suggestive della tradizione ligure. La festa inizia la sera del secondo sabato di febbraio con la distribuzione di prodotti tipici locali in ognuno dei sedici antichi rioni della città, illuminati dai falò. Il giorno dopo si svolgono la processione di ringraziamento e la funzione religiosa. La domenica della settimana successiva, la parte antica della città diviene lo scenario di “quadri viventi”, allestiti per illustrare momenti e situazioni della vita del XVII secolo. Nel pomeriggio si tiene lo spettacolare corteo storico, con più di duecento tra dame, cavalieri, musici, soldati, popolani, artigiani, prelati. Il rione che avrà presentato le miglior riproduzioni degli abiti, dei monili, delle armature e delle armi del Seicento verrà proclamato vincitore dell’annuale trofeo di San Benedetto.
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